Dopo un sacco di tempo, e un numero di giorni che allo scoccare del 40esimo ho smesso di contare, sabato pomeriggio sono uscita per la prima volta dal 4 marzo.
Ho chiuso la porta di casa e sono uscita con la mia famiglia.
Mi sono spostata per fare delle commissioni, sono entrata al tabacchino e poi in farmacia, ho prelevato, ho aspettato fuori da un negozio ma alla fine mi sono stancata di aspettare e non sono più entrata.
Ho visto la luce fuori casa, ho guardato il mondo esterno senza guardarlo con attenzione, un po’ di sfuggita, per paura. Volevo ambientarmi alla novità, al vedere volti in mascherina che raccontano tristezza, senso di vuoto, incertezza, speranza. Un po’ tutto insieme, un po’ mescolato, un po’ “chissà quanto staremo così”.
Ho indossato per la prima volta la mascherina e dopo un minuto ero già stanca. Avevo caldo, mi sembrava di non avere più aria. Ho parlato a rilento, ho cercato di fingere che sì, mi sono abituata come tutti.
Insomma, sono felice di essere uscita, di aver chiacchierato al tabacchino e in farmacia. Sono felice di aver visto con i miei occhi quello che c’è fuori. E sono felice che Francesco e Davide abbiano visto la sua mamma in giro, insieme come se nulla fosse. Appena tornati a casa, però, ho stretto i bimbi forte e sono uscita per stare in terrazza. Più a mio agio, più me stessa. Ho detto a Giuseppe di farmi una foto per ricordare di un sabato così strano e sereno ma anche più vuoto.
Voglio ricordarlo così, con quell’alone di sentimenti abbracciati insieme che mi rendono più forte e fragile allo stesso tempo.
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