Da piccola i miei genitori mi hanno abituata al dialogo in casa. È stato un passaggio graduale che mi ha permesso, una volta diventata grande, di raccontare, sfogarmi, parlare e vedere la famiglia come il punto di riferimento della mia vita, la spalla su cui ridere e piangere.
Di ritorno da scuola, fin dalle elementari, mi veniva sempre chiesto com’era andata la mattinata in classe, se c’erano stati dei conflitti, quali compiti dovevo fare per il giorno dopo. Non è mai stato un interrogatorio ma pranzo e cena erano destinati al dialogo. Era l’unico momento in cui potevamo esserci tutti e a tavola ma anche dopo pranzo si trascorreva molto tempo a raccontare gli episodi della giornata.
Questo approccio è andato avanti anche nell’adolescenza ed è capitato spesso di vedere mio padre e mia madre come due confidenti a cui raccontare un conflitto con un’amica o problemi a scuola che al solo pensiero, ancora oggi mi creano disagio.
Il rapporto con i genitori è prima di tutto comunicazione
Racconto la mia esperienza perché educare i bambini al dialogo funziona e anche se abbiamo caratteri diversi, se veniamo spronati a parlare e confidarci, con questo approccio verrà automatico vivere il rapporto in famiglia all’insegna della buona comunicazione. Lo è stato per me ma anche per i miei fratelli. Loro erano più restii a chiacchierare – è forse tipico dei maschi? – ma non gli è mai stato risparmiato lo stesso trattamento di noi femmine. Quindi se io e mia sorella scendevano nei particolari e ci capitava di raccontare una serata in pizzeria o le discussioni in classe, i miei fratelli parlavamo molto meno ma dovevano comunque dire cosa avevamo fatto e con chi avevano trascorso la serata.
La risposta tipica era “in giro con amici” ma poi qualcosa si scopriva sempre, perché il bambino o l’adolescente educato al dialogo in famiglia, si ritrova a chiacchierare senza nemmeno accorgersene.
Capitava di dire anche di omettere qualcosa di rilevante ma ora che sono madre, penso che ai miei genitori importasse creare un rapporto di fiducia, farci capire che loro sarebbero stati sempre presenti, delle figure a cui chiedere non solo soldi ma soprattutto attenzione e aiuto nel momento del bisogno.
Mio padre e mia madre sono stati dei consiglieri fidati, mai amici – non era il loro ruolo – pronti a dare un supporto sincero se noi figli ne avevamo bisogno. Non si sono mai schierati come protettori della famiglia, solo perché tenuti a difenderci come figli ma hanno fatto una delle cose più importanti che secondo me può fare un genitore, ASCOLTARE.
Ci hanno sempre ascoltato, pronti a farci capire che avevamo sbagliato o dovevamo far valere le nostre ragioni. Oggi che sono madre di due bambini so per certo che questo metodo educativo è la chiave per vivere un rapporto in famiglia sereno. Perché se ho un problema con un cliente e voglio raccontarlo a mia madre, so che lei mi ascolterà e mi darà un suo parere. Per una scelta qualsiasi – formativa o privata – so che loro sono un punto di riferimento a cui chiedere ascolto, attenzione e pareri sinceri.
Educare i bambini al dialogo significa ascoltarli
Questo è uno dei motivi per cui ogni giorno quando Francesco ritorna dall’asilo, io o mio marito gli facciamo subito una domanda: com’è andata a scuola? Chi hanno messo a riflettere?
Queste due domande sono per me l’inizio del nostro legame, le basi con le quali creare quel rapporto di fiducia che vorrei i miei figli avessero con me. Chiedere se qualche bambino o lui stesso è stato messo a riflettere (un castigo educativo che le maestre danno in classe a chi si comporta male) aiuta Francesco a raccontarci la sua mattina a scuola. Lui sa che deve dirci come sono andate le cose e ogni giorno veniamo a conoscenza di piccoli fatti del suo mondo che ci aiutano a conoscerlo meglio. Ci racconta anche quando viene messo lui in “punizione” e per me questo è bellissimo. Ci spiega cosa è successo, a bassa voce e nascondendosi, e anche se mi si stropiccia il cuore, cerco sempre di fargli capire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Non lo proteggo perché non lo trovo educativo ma lo bacio se scopro che si è comportato bene.
Da figlio deve sapere che la sua casa, la sua famiglia è il luogo in cui può rifugiarsi e chiedere aiuto ma sapendo bene che avrà due genitori che lo aiuteranno a capire come comportarsi, senza però sostituirsi a lui.Per ora le cose stanno andando bene e Francesco ha capito che il nostro rapporto si basa sulla comunicazione, che per me rappresenta la base di ogni legame solido. Vedremo come andrà più avanti con la crescita ma sono ottimista e pronta a lottare, se sarà necessario.
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