Riconoscere il pianto di un neonato: una delle cose più difficili per un genitore ma anche uno degli aspetti che aiuta a conoscerlo e capirlo meglio.
Il pianto di un bambino può essere snervante.
Può destabilizzare il tuo equilibrio.
Farti diventare triste.
Cambiare l’umore.
Non importa che tu sia madre o no: sentire un bambino che piange a più non posso è una delle cose peggiori al mondo. Ti fa sentire impotente, una persona inutile.
Prima di essere mamma sono sempre stata sensibile al pianto ma da quando è nato Francesco sono notevolmente peggiorata. Se piange per pochi secondi mi sembra un’eternità. Non è mai stato un gran piagnone, però ha sempre comunicato i suoi bisogni con determinazione. E si sa che i neonati comunicano con il pianto se e quando hanno fame, se hanno bisogno di dormire o se hanno qualche dolorino.
Durante questi mesi ho capito che il pianto di un neonato è il suo linguaggio, le sue prime parole. Non sempre soffre se piange, molto spesso cerca di comunicarti un messaggio, darti un feedback di un suo bisogno.
Ma come si fa a interpretare il suo pianto? Come si fa a riconoscere il motivo del suo malessere? Per me non è stato facile, ma credo di essere riuscita a conoscere meglio mio figlio giorno dopo giorno, comprendendo con gli errori i suoi bisogni.
Mi sono appuntata in mente gli orari delle sue richieste e mi sono accorta che Francesco ragiona con degli automatismi. I suoi ritmi sono sempre regolari, minuto più minuto meno, e vorrebbe mangiare, dormire, giocare sempre in determinate fasce orarie. Se questi ritmi vengono sballati per qualsiasi motivo si lamenta e lo fa attraverso il pianto.
Per un genitore i primi mesi sono quelli più difficili. Non è facile gestire i suoi ritmi, adattarsi completamente a lui. L’unica cosa che riesci a intuire già dai primi giorni è il suo bisogno di mangiare, ma anche qui se capita che un giorno una poppata è stata meno nutriente e dopo due ore inizia a piangere difficilmente al primo colpo capisci che il suo bisogno è proprio quello di avere altro latte.
Nella mia giovane esperienza di mamma sono arrivata alla conclusione che capire il pianto di un neonato è una delle scommesse più importanti per un genitore.
Se riconoscere il pianto di un neonato è difficile voglio comunque provare a diversificare le diverse tipologie in base alla mia esperienza.
Ascoltare la sua voce, ascoltare il suo pianto è possibile e interpretare ciò che vuole dirti il tuo bambino è una partita che piano piano puoi vincere.
Questi i diversi tipi di pianto a cui pensato:
Pianto da fame
Si tratta di un pianto riconoscibile anche alle neomamme più inesperte. Quando lo prendi in braccio inizia a dimenarsi e si gira da una parte all’altra. Se lo allatti al seno tenderà ad avvicinarsi al petto e muoverà la bocca mimando la suzione. Può succhiarsi il dito o “mordere” ciò che ha davanti: il ciuccio in maniera agitata, il suo peluche, il pugno intero o qualsiasi altra cosa. In questi casi ci sono poche da fare, bisogna farlo mangiare prima possibile. Sarebbe ideale prevenire questo pianto riconoscendo i suoi orari e non aspettando che chieda la pappa attraverso urla e disagio.
Pianto da sonno
Ci sono alcuni segnali precisi che ti fanno capire che il bambino ha sonno. Inizia a strofinare gli occhi più volte, sbadiglia di continuo, si graffia il viso e ti si avvicina al petto cercando conforto. Il pianto da sonno è un pianto disperato, che cresce sempre di più e tende a far innervosire il piccolo. Non vuole stare in nessuna posizione, se lo tieni in braccio dimena le gambe, sputa il ciuccio anche se lo vorrebbe. È un pianto inconsolabile e arriva sempre agli stessi orari.
Le soluzioni? Cerca di capire come si rilassa il tuo bambino, quali sono le sue esigenze per dormire. Sa trovare consolazione da solo nella sua culla? Ha bisogno di essere cullato e ninnato? Sperimenta più possibile per interpretare il suo bisogno ma ricorda che per farlo addormentare devi creare una situazione di benessere, un ambiente rilassante.
Pianto da malessere e dolore
È tra i peggiori tipi di pianto. Anche se non urla o sbraita il suo dolore si percepisce dalla mimica facciale. Il bambino chiede consolazione con tutte le parti del viso e tende ad emettere delle cantilene per ricevere consolazione. Il suo è un pianto improvviso, che dura tempo e che non trova pace. Il dolore lo turba così tanto da renderlo irrequieto e nervoso tanto da voler stare di più in braccio o non aver voglia di giocare. Il suo viso è spento e non sorride più e dopo le urla dell’inizio il suo pianto si trasforma in un lamento cantilenante. Capita quando fanno i primi vaccini, se fanno una brutta caduta, se hanno mangiato troppo e hanno il reflusso gastrico ma anche in caso di febbre e influenza o quando spuntano i primi dentini.
In questo caso devi stare con lui più possibile. Il suo è un pianto che ha un motivo fondato e in base al problema che ha solo tu puoi aiutarlo a stare meglio, ad assottigliare il suo dolore.
Pianto da solitudine
Arriva quando il bambino ha bisogno di te e si sente abbandonato, se state giocando insieme e ti sposti per rispondere al telefono o per fare delle faccende in casa. In questo caso non sente nessun dolore e non ha nessun malessere, la sua esigenza è quella del contatto. Per questo basterà avvicinarsi a lui e abbracciarlo, fargli qualche coccola o dargli tanti baci e ritornerà a sorridere. Questo tipo di pianto è il più breve tra tutti. Si interrompe nel preciso istante in cui il genitore si avvicina a lui.
In conclusione
Per riconoscere il pianto di un neonato credo che la cosa importante sia osservare i suoi comportamenti, sbagliare e ricominciare da capo, non abbattersi. Trascorri la maggior parte del tempo con lui per scoprire le sue esigenze quotidiane. Più tempo starete insieme e più sarà “facile” capire il suo pianto.
Il pianto da fame, da sonno, da dolore e da solitudine sono un mio personale “schema”, ma credo che ogni mamma se ne potrebbe inventare uno suo personale. Tu hai il tuo? Come classifichi i diversi tipi di pianto?
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